E’ risaputo, l’oro è il metallo più ricercato e, sicuramente, il più rappresentativo della ricchezza. Il suo uso ha accompagnato il cammino dell’umanità fin da quando le prime popolazione ne ricavarono suppellettili simbolo del potere di re e regine. Oggi, la tradizione ornamentale continua ma è stata affiancata anche da un aspetto più prettamente economico che vede l’oro come bene sul quale investire.
In genere, i due ambiti tendono ad essere considerati separati: da un lato i gioielli, gli orologi, i bracciali, le spille, ecc. che sono visti come simboli di bellezza e di ornamento e che, al di là del costo per un loro acquisto, non vengono generalmente presi in considerazione come possibili forme di investimento. Dall’altra l’oro puro, che si può trovare sotto forma di lingotti, pagliuzze o pepite, e che è trattato quasi unicamente da un punto di vista economico.
Una differenziazione che, per la natura fisica dell’oro stesso, è più che giustificabile: qualsiasi gioiello o altro oggetto in oro, infatti, per essere lavorato e reso stabile ha bisogno di legare il metallo principale a un altro elemento, dato che l’oro, da solo, ha un natura troppo malleabile e duttile per essere stabilizzato. Questo fatto, naturalmente, fa sì che la purezza dell’oro originario sia in qualche modo intaccata dalla presenza di materiali diversi. Una quotazione di un gioiello, quindi, non può essere fatta secondo i parametri dell’oro puro quotato in borsa, ma deve sempre essere rapportata alla quantità effettiva di metallo presente nell’oggetto.
Di contro, l’oro puro, è quello su cui si basano gli scambi internazionali e le quotazioni riportate quotidianamente da siti e giornali economici. Questo tipo di oro, su cui si basano anche le riserve auree dei vari Stati, ha sicuramente un ruolo fondamentale nell’economia globale ma ha scarso appeal a livello delle singole persone, che difficilmente hanno a che fare con lingotti di oro puro.
A cavallo tra questi due aspetti dell’oro se ne può trovare un terzo che, in un certo senso, combina le caratteristiche dell’uno e dell’altro. Stiamo parlando delle monete d’oro, in particolare quelle come la Sterlina Inglese (ma si potrebbe anche citare il Marengo italiano) che ha un titolo di oro (ovvero la percentuale di oro puro presente al suo interno) che si avvicina ai valori dell’oro puro. A questo, però, associa anche un valore dato dalla sua storia e dalla rarità dei vari esemplari che sono stati coniati nel corso del tempo.
La combinazione di questi due elementi fa sì che le monete d’oro, e la Sterlina inglese in particolare, siano delle ottime possibilità di investimento alla portata di tutti.
La storia della Sterlina inglese comincia addirittura più di 500 anni fa. Precisamente nel 1489, anno nel quale il sovrano allora regnante, Enrico VII, decise di dare vita a una moneta che rappresentasse la sovranità stessa del popolo britannico sul resto d’Europa. Su un lato di essa fece incidere la sua effige, sull’altro la rosa simbolo della casata dei Tudor di cui era, al momento, il principale rappresentante. Per molti storici il nome “Sovrana” con cui viene generalmente chiamata questa moneta deriva proprio dall’idea che spinse il re a coniarla.
Altre fonti, però, spingono per una interpretazione diversa, posticipando l’utilizzo del nome “Sovrana” a quando divenne di uso comune il fatto di incidere su una faccia della moneta l’effige del re o la regina regnante in quel momento. Questa tradizione, effettivamente, è uno dei segni distintivi della Sterlina d’oro inglese, che nelle sue tante varianti ha quasi sempre il profilo di un sovrano a dominare uno dei suoi lati.
Più libertà, invece, c’è per quel che riguarda il rovescio della moneta che vide, dopo la rosa dei Tudor, susseguirsi altri simboli diversi delle varie casate.
Questo, almeno, avvenne fino al 1817, data che può essere considerata, in un certo senso, la “seconda nascita” della sterlina. Dopo qualche vicissitudine e un periodo di appannamento, la moneta simbolo della regalità della corona inglese riprese ad avere corso legale all’indomani della definitiva sconfitta di Napoleone. Per l’occasione, fu chiamato un incisore italiano a dare un’espressione definitiva alla moneta. Benedetto Pistrucci, questo il nome dell’artigiano, scelse di rappresentare San Giorgio nell’atto di uccidere il drago. Da allora, nonostante qualche rivisitazione che non è mancata, anche il retro della moneta d’oro inglese ha avuto la sua effige di riferimento.
Proseguendo l’excursus storico della Sterlina, si può dire che, sostanzialmente, la “seconda primavera” della moneta durò quasi un secolo, ovvero fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Nel 1914, infatti, l’Inghilterra decise di non basare più la sua unità monetaria sull’oro, procedendo alla cessazione della coniazione della Sterlina. Uno stop destinato a non essere definitivo, perché, a distanza di 40 anni (per la precisione nel 1957), la Zecca Reale tornò sui propri passi, riprendendo a coniare la Sovrana. Motivo? Il fatto che, sul mercato, la richiesta di questa moneta fosse rimasta molto alta e il fatto di non produrne più esemplari ufficiali avesse portato a una dilagante contraffazione.
La produzione, quindi, riprese, ma evidentemente i tempi erano orami cambiati e, di fatto, la Sovrana non tornò più ai suoi splendori di un tempo, vedendo l’uscita di pochi nuovi esemplari e una progressiva e naturale limitazione della produzione a qualche modello coniato in occasione di eventi e ricorrenze speciali e destinato, di fatto, a un mercato di collezionisti e numismatici.
Il declino storico della Sovrana, però, non inficia quello che è il suo valore, sia storico, come si è visto, sia da un punto di vista economico. Non a caso, anche durante gli anni terribili dei conflitti mondiali, le famiglie che poterono contar su una riserva di monete d’oro di quel tipo, riuscirono a superare in maniera dignitosa quel periodo, perché la moneta non si svalutò e restò pressoché immune dalla spaventosa inflazione dovuta alla guerra.
Questo aspetto è quello che, sostanzialmente, rende la Sovrana un ottimo investimento ancora oggi. L’oro, infatti, è un bene che non risente di inflazione e deflazione, potendo contare, anche, di una richiesta del mercato che è sempre maggiore della domanda, generando un sostanziale aumento di valore o, comunque, una “non perdita”.
Il discorso è ancora più valido per la Sterlina inglese in quanto il suo “titolo” (ovvero, come abbiamo visto, la percentuale di oro presente in essa) è di 916,67 millesimi. Un valore molto alto se paragonato a quello dell’oro puro che, per definizione, è di 999,9 millesimi. Per avere un riscontro immediato, si può fare un paragone con i gioielli: questi, almeno per quanto riguarda l’Italia, hanno un titolo d’oro di 750 millesimi, corrispondenti ai più conosciuti “18 carati” che contraddistinguono l’oro usato in gioielleria. L’oro di una moneta è più legato all’andamento dell’oro alla borsa valori rispetto a quanto succede per l’oro utilizzato in gioielleria, con conseguenti ottime prospettive di guadagno da un puro punto di vista economico.
Senza contare che, a tutto questo, si aggiunge il valore storico della Sterlina. Questo aspetto è quello che crea il cosiddetto “spread“, ovvero, la differenza tra il valore dell’oro effettivamente presente nella moneta e il valore che di questa ne dà il mercato. Migliore è il differenziale di spread, più la moneta di configura come un buon investimento.
E non si pensi che più l’esemplare è antico, maggiore sarà il suo valore, perché a determinare la quotazione di una Sterlina d’oro è anche lo stato di conservazione e la quantità di esemplari che di una singola versione ne vennero coniati.
Per fare un esempio molto recente si può citare la Sterlina coniata nel 1989 da Elisabetta II proprio per celebrare i 500 anni di vita della stessa moneta. Pur essendo passati solo 25 anni dall’uscita di quella Sovrana, l’esemplare è già molto ricercato dal mercato dei collezionisti e la sua valutazione è particolarmente alta.
In generale, le monete coniate nel XVII e XVIII secolo sono molto richieste dal mercato, perché non facili da trovare e coniate in pochi esemplari. Monete più antiche, di contro, furono distribuite in un numero maggiore di elementi e, quindi, sono più facilmente reperibili.
Altro periodo molto richiesto è quello vittoriano, specie per esemplari in buono stato di conservazione. Se dovesse capitare di imbattersi in monete di tal fatta, si potrebbe investire con la quasi certezza che il loro spread sia destinato a salire nel tempo, risultando un ottimo investimento a lungo termine.
Per chi, invece, preferisce ragionare sul breve termine, il mercato più immediato di riferimento è quello dei collezionisti: qui la richiesta di Sterline d’oro è sempre molto elevata, e per chi decidesse di vendere della Sterline non è mai difficile trovare richieste di compratori.
Proprio contando su questo valore che dura nel tempo, la tradizione inglese vuole che la Sterlina d’oro sia uno dei tipici doni da regalare quando nase un bambino: perché comunque si regala qualcosa di simbolico, anche per la storia stessa dell’Inghilterra; ma anche destinato a durare nel tempo e a risultare un possibile, ottimo, investimento, per il futuro.